FEDRA

fedra in foto marinoni e lazzareschi


MARTEDI’ 7 – MERCOLEDI’ 8 MARZO 2017

ore 21

FEDRA
da Phaedra di Seneca (con estratti da Ippolito di Euripide e dalle Lettere di Seneca)
adattamento e regia Andrea De Rosa

con Laura Marinoni (Fedra), Luca Lazzareschi (Teseo), Anna Coppola (Una Dèa), Fabrizio Falco (Ippolito), Tamara Balducci (Una Ragazza)

scene e costumi Simone Mannino; luci Pasquale Mari; suono G.U.P. Alcaro;
assistente alla regia Thea Dellavalle; collaborazione scientifica Alfredo Casamento
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione / Teatro Stabile di Torino

Fedra è follemente innamorata di Ippolito, figlio di primo letto del marito Teseo, che la rifiuta. Per vendicarsi, Fedra di fronte a Teseo accusa falsamente Ippolito di averla violentata, provocandone l’orrenda morte. Saputo della morte di Ippolito, Fedra confessa la menzogna e si suicida.

E’ evidente che un mito, in millenni di vita, stratifica i suoi significati, i soli “fatti” non bastano a restituirne la profondità.

Nella versione di Seneca non sono gli dei a determinare le azioni dei protagonisti, ma De Rosa recupera il rapporto con il fato e gli dei inserendo brani da Euripide. Perché, dice il regista, “la potenza del dio serve per spiegare e descrivere la natura misteriosa e potentissima dell’innamoramento fatale, l’amore che si manifesta come possessione. Attribuire quella potenza a un dio vuol dire, ancora oggi, per noi, riconoscere qualcosa che non è sotto il controllo della volontà e del raziocinio. La parola latina che Seneca adopera più spesso per descrivere lo stato d’animo di Fedra è furor, che significa pazzia ma anche, e in misura ugualmente importante, passione violenta, delirio amoroso, desiderio sfrenato…  questa parola ci introduce a una visione dell’amore che ci invita a cancellare con forza le incrostazioni romantiche e sentimentali che su questo tema si sono depositate. Qui l’amore è inteso, letteralmente, come qualcosa da cui si viene posseduti, qualcosa che viene da fuori, qualcosa di profondamente estraneo, come un virus che inizia a riprodursi nel nostro corpo senza il nostro assenso”.

Lo spazio scenico è come diviso in due metà: da un lato la vita, il luogo dove i protagonisti sono ancora aggrappati alle proprie certezze e alla propria identità, dall’altro le regioni della morte, dove maschere bianche cancellano i lineamenti e la voce è sostituita da un mero ansimare. In mezzo, un grande cubo di vetro, simile a una cella di manicomio, con le pareti imbottite, di un biancore accecante, epicentro della vicenda, in cui hanno luogo i nodi più viscerali della tragedia

ESTRATTI DALLA RASSEGNA STAMPA

fedra scheda artistica completa

Premi della critica

ingresso euro 23, 20, 15