LA MIA INFINITA FINE DEL MONDO

martedì 10 – mercoledì 11 novembre 2020 (ore 21)

LA MIA INFINITA FINE DEL MONDO

drammaturgia Gabriel Calderón
traduzione Teresa Vila
regia Lino Guanciale
con Michele Lisi, Paolo Minnielli, Maria Vittoria Scarlattei, Cristiana Tramparulo, Jacopo Trebbi, Giulia Trivero
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione

Premio Ubu 2018 come miglior attore e Premio ANCT 2018 per la sua interpretazione ne La classe operaia va in paradiso, Lino Guanciale approda alla sua seconda regia, dopo Nozze di Elias Canetti. La drammaturgia di Gabriel Calderòn e lo sguardo di Lino Guanciale, attraverso un catalogo di alcune delle transitorie apocalissi attraversate dal pianeta e dall’umanità fin dall’epoca preistorica, fra eruzioni vulcaniche ed ere glaciali, diluvi universali e crisi economiche d’epoca preindustriale, intrecciate al vissuto di precarietà personale di un piccolo manipolo di giovani protagonisti, intendono restituire un tableau di possibilità di relazione con la nevrosi della fine, ponendo l’accento non più soltanto sulla disperazione che il crollo di un mondo porta inevitabilmente con sé, ma sulle possibilità che si aprono ogni volta che la Storia torna ad insegnarci che nulla dura per sempre.
L’esperienza della fine è uno dei temi più profondi dell’inconscio individuale e collettivo. La tentazione della profezia apocalittica, l’ebbrezza o il furore millenaristici, l’afflato messianico e il piacere della paura nel confronto col destino si mescolano e confondono tanto all’interno di ognuno di noi quanto nei gangli del nostro tessuto sociale e comunitario. Quanto questa tensione naturale nei confronti della fine influenza o determina il nostro rapporto con le strutture economiche e sociali della nostra realtà? Desideri e timori ancestrali interferiscono con la Storia? O è più forte il meccanismo contrario, per cui è la Storia a contribuire a mutarli o generarli? Su questo fronte e non solo, la crisi pandemica globale ha introdotto nuovi elementi di riflessione collettiva, fornendo l’occasione per la costruzione di una consapevolezza diffusa riguardo l’imprevedibilità del rapporto fra uomo e Natura e le relative conseguenze tanto sulla storia delle istituzioni che su quella personale. Un filo rosso lega intimamente la paura della catastrofe naturale definitiva e quella del collasso della nostra forma di vita, il sistema turbo-capitalistico attuale; la certezza di aver raggiunto un livello eternamente stabile di benessere e realizzazione appare oggi in tutta la sua inconsistenza. Dopo il 1989,  col trionfo del blocco occidentale e del suo modello di sviluppo, è stato detto che la Storia era finita, ma l’attuale condizione pandemica sembra smentire questa tesi. Quali scenari ci si presentano ora, nell’era di profonda incertezza che abbiamo davanti?