La serata a Colono

Elsa Morante

martedì 12 marzo 2013 – ore 21

LA SERATA A COLONO
di Elsa Morante
con Carlo Cecchi,  Antonia Truppo, Angelica Ippolito
e con Giovanni Calcagno, Victor Capello, Salvatore Caruso, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Giovanni Ludeno, Rino Marino, Paolo Musio, Totò Onnis, Franco Ravera
Francesco De Giorgi
(tastierista), Andrea Toselli (percussionista)
regia e scene  Mario Martone

musiche Nicola Piovani
fondale Sergio Tramonti
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
aiuto regia Paola Rota
produzione  Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Associazione Teatro di Roma/
Teatro Stabile delle Marche

Ingresso euro 23 – 20 – 17,50 – (prevendita dal 5 novembre)

 

In una corsia d’ospedale degli anni ’60 due portantini depositano una barella su cui giace un vecchio ricoverato d’urgenza con occhi avvolti da garze insanguinate. È un accattone, ex proprietario, di radici contadine, vedovo con quattro figli, affetto da mitomanie epico-classiche, soggetto a squilibri, sorvegliato con devozione da una figlia quattordicenne zingarella e che reca i segni dolci “delle creature di mente un poco tardiva”. Lei è Antigone. Lui è la reincarnazione di un Edipo trasandato, logorroico, accolto in un reparto neuro-deliri dove stazionano tre guardiani, un dottore-Teseo e una suora-Ismene. La tragedia sofoclea Edipo a Colono, ovvero il concludersi del lungo e tormentato esilio di un sovrano parricida e incestuoso, è, in questa Serata a Colono, un calvario rivissuto oggi con scabri accenti misti a deliri d’alta e remota nobiltà violata, con l’Edipo attuale pervaso da un dolore furioso e affetto da miraggi.

 

Unica opera teatrale della Morante, mai rappresentata, fu pubblicata nel 1968 nella sezione centrale de Il mondo salvato dai ragazzini.  Il sottotitolo dato dall’autrice è “parodia”: in effetti la lingua (aulica e delirante quella di Edipo, dialettale e sgrammaticata quella di Antigone), il contesto (un triste reparto psichiatrico), l’utilizzo del coro (un insieme di malati mentali balbettanti luoghi comuni e insensati) suggeriscono l’intenzione di togliere aura tragico-mitologica alla figura di Edipo e al mito greco in generale.

Più avanti nel libro in cui è contenuto il testo, la Morante inserisce La canzone degli F.P. e degli I.M., i Felici Pochi e gli Infelici Molti, gli uni disinteressati ed estranei al Potere e vicini alla realtà vera del mondo e dell’Uomo,  gli altri ossessionati e annientati dal Potere e dall’incapacità di vedere l’Umanità del mondo:  Antigone, ragazzina ingenua, appartiene ai Felici Pochi, Edipo agli Infelici Molti. La Morante, nel risvolto di copertina della prima edizione del libro, così si presentava: “E. M. è tuttora vivente, e abita a Roma nell’unica compagnia di un gatto. Le sue amicizie (poche) le trova a preferenza fra i ragazzini, perché questi sono i soli che si interessano alle cose serie e importanti. Gli adulti, in massima parte, si occupano di roba trita e senza valore”.

Cecchi (amico intimo dell’autrice) e Martone, due fra sensibilità artistiche più significative della scena italiana, si uniscono per un progetto che ha affascinato, tra l’altro, Carmelo Bene, artefice di un tentativo di versione cinematografica, mai realizzata, nel 1970, a cui avrebbe dovuto partecipare anche Eduardo De Filippo e che l’autrice aveva sostenuto. Dice Bene: “Insieme a Eduardo, progettammo all’epoca un film da La serata a Colono, il capolavoro della Morante, vertice della poesia italiana del Novecento. Sorbendo il tè nel suo attico al centro, Elsa ci sollecitava a realizzarlo, ritenendoci gli unici in grado di farlo. Testimone allora Carlo Cecchi, che fu vicino alla Morante nei giorni estremi del coma. Ricoverata in questa clinica da quattro soldi, senza più l’uso delle gambe, in miseria, dimenticata da tutti. Aveva rifiutato anche il televisore. Voleva restare lucida sino in fondo. “