MISERY

martedì 19 – mercoledì 20 gennaio 2021 (ore 21)

MISERY

di William Goldman
tratto dal romanzo di Stephen King
traduzione Francesco Bianchi
con Arianna Scommegna, Filippo Dini, Carlo Orlando
regia Filippo Dini
scene e costumi Laura Benzi

luci Pasquale Mari
musiche Arturo Annecchino

assistente alla regia Carlo Orlando
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Fondazione Teatro Due / Teatro Nazionale di Genova

Misery è l’adattamento che William Goldman ha tratto dal film di Rob Reiner, di cui firmò la sceneggiatura, a sua volta ispirato al romanzo di Stephen King, uno dei capolavori dello scrittore più famoso al mondo.

Una storia di claustrofobia e follia: un romanziere di successo incarcerato da una lettrice pazza che si rifiuta di accettare la morte del suo personaggio preferito, l’eroina ottocentesca Misery. Un horror psicologico sul tema dei demoni che circondano la creazione letteraria, diventato un cult nella sua versione cinematografica, con Kathy Bates nel ruolo dell’infermiera psicopatica Annie Wilkes (che le valse l’Oscar) e James Caan in quello dello scrittore Paul Sheldon.

Protagonisti della versione per il palcoscenico sono Arianna Scommegna e Filippo Dini, che cura anche la regia.
Annie, l’infermiera/carceriera/torturatrice, si nutre di pagine scritte e non si ferma davanti a niente pur di salvare il suo personaggio del cuore. Rappresenta l’attrazione, la fascinazione che ogni essere umano sente verso le storie, e verso chi le racconta. «Tra tutti gli scrittori che animano le creazioni di King – spiega Dini – Paul Sheldon è il più forte, il più disperato. Prigioniero del suo talento e della sua vocazione, scopre se stesso nel viaggio all’inferno in compagnia di Annie». Lei, feroce, sadica, implacabile, incarna a modo suo il tema cardine di King: la magia e l’amore. «Annie non è folle – chiosa Dini – Annie ama alla follia. Annie è l’esasperazione del desiderio e dell’amore per l’arte. E Misery è una grande opera sul potere magico della narrazione».

La regia di Filippo Dini riesce con cura e attenzione ai particolari a condurre per mano gli spettatori all’interno del mondo di Annie.

La scenografia rotante costruisce un mondo, ci mostra la prigione in cui il romanziere Paul Sheldon è costretto a stare, uno spazio angusto, uno spazio reale e realistico in cui non possiamo entrare, ma che spiamo dall’esterno.

Arianna Scommegna non fa il verso alla sua omologa cinematografica, ma riesce a trovare un registro proprio per la sua Annie, sa essere dolce e inquietante, crudele e amorosa, determinata nel possesso totale del suo romanziere così come nella malata empatia col personaggio Misery.

Filippo Dini dà al suo romanziere la patina della vittima, ma anche dell’uomo che non s’arrende, tenace e fragile al tempo stesso.

Emerge una riflessione potente sulla creatività, sulla capacità della scrittura di essere mondo, su come l’atto creativo possa diventare una sorta di condanna, una sorta di tirannia, una droga in grado di condizionare ogni momento della vita reale di uno scrittore: come in una variante di Sherazade, o scrivi (quello che vuole il lettore? quello che vogliono i tuoi personaggi?) o muori.