SKIANTO

SKIANTO, con Filippo Timi , foto di Neige De Benedetti (2000x1419)

VENERDÌ 14 / SABATO 15 NOVEMBRE 2014

SKIANTO
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Andrea Di Donna, voce e chitarra
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
produzione Teatro Franco Parenti / Teatro Stabile dell’Umbria

ingresso euro 25, 22, 17

Una lesione cerebrale, che pare farti vivere in un altro mondo. Un bambino chiuso in se stesso, non articola le parole, non cammina, non riesce a esprimere quel che ha dentro. Spesso accade e ce lo si chiede: “Chissà cosa pensa?”
Filippo Timi prova a entrare lì dentro, in quello che crede possa esservi, i desideri della normalità e quelli dei sogni: ballare come Heather Parisi e Miguel Bosè, cantare come Renato Rascel, muoversi come un pattinatore, con Candy Candy in sottofondo. La disabilità che si fatica a comprendere in fondo ci chiede questo: ascolto.

La storia personale di Filippo Timi è intrisa di disabilità. C’è la sua balbuzie, e l’incredibile dote di tanti attori che la vedono scomparire in scena, c’è l’ipovedenza. E c’è la cugina Daniela, “nata con la scatola cranica sigillata”. Il sogno di Filippo bambino era che lei gli dicesse: non sono mica così. Che bello se un giorno lo avesse preso da parte e gli avesse sussurrato all’orecchio, giusto perché sentisse solo lui: “Filo, io capisco tutto, è che zio e zia si sono abituati così e io lascio fare. Fingo. A loro va bene così. Quindi tu parlami. Parlami”. E Filippo raccontava storie a quella bimba. Ma lei quelle parole non gliele disse mai. Cosa pensa non lo sa nessuno. O forse sì.
Filippo Timi ci ha provato. Ha trasformato quei silenzi. Ha reso parola quegli sguardi. Lo ha fatto con gli strumenti che ha: scrivere, cantare, recitare in un monologo intenso e difficile, ma che ti tiene lì a vedere, ti fa ridere e commuovere, ti spinge un po’ più in là del sentire comune.

Skianto, con glitter e k anni’80, è una bella opera sulla disabilità, in mezzo fra teatro civile e di sentimento, una storia fatta di parole mai dette ma soltanto pensate, di intensi sentimenti costretti a restare inespressi, di sogni grandi e belli ma destinati a rimanere tali. Filippo ci racconta una vita pronta a spiccare il volo a ogni passo, ma obbligata a rimanere inchiodata a un letto, a una sedia, alle braccia di un genitore, per colpa di un destino crudele che si chiama disabilità. E la disabilità non è nascosta, è esibita nell’intimo, quello più difficile da scoprire, di un bimbo cerebroleso grave. Sulla scena prende così vita la doppia dimensione di questa vita: la prima, quella interiore, piena di vivacità e colori, di gioia di vivere ed emozioni; la seconda, quella per così dire reale, grigia e immobile, triste e silenziosa. Tutto ciò esplode con la consueta ma sempre sorprendente carica pop cui Timi ci ha abituati con il suo teatro.

Filippo Timi è attore, regista, scrittore, nato a Perugia nel 1974. Si è formato al Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera con Dario Marconcini, al Teatro Valdoca di Cesena con Cesare Ronconi e con Pippo Delbono ha fatto uno studio per il suo spettacolo La rabbia. Con Bruno De Franceschi si dedica agli studi sulla voce, flautofonia e canto armonico; lavora sul corpo e partecipa ai workshop di teatrodanza con Julie Anne Stanzak del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, con la compagnia di danza contemporanea Sosta Palmizi e con Raf faella Giordano. Ha lavorato anche con Robert Wilson in G.A. Story e Davide Enia. Nel 1996 con l’attore Silvano Valtolina e lo scenografo Giacomo Strada fonda Bobby Kent & Margot, collettivo teatrale che sviluppa ricerche sul rapporto tra corpo e spazio ispirate alle riflessioni di Pavel Florenskij.Premio UBU 2004 come miglior attore di teatro under 30, è stato sulla scena Or feo, Danton, Perceval, Satana, e ha interpretato La vita bestia, al quale si ispira il suo primo romanzo Tutt’al più muoio (2006), scritto con Edoardo Albinati, seguito da E lasciamole cadere queste stelle (2007) e Peggio che diventare famoso (2008). Le sue ultime apparizioni teatrali lo vedono nella triplice veste di attore, regista e autore: nel 2009-2010 con Il popolo non ha il pane, diamogli le briosche, nel 2011-2012 con Favola, c’era una bambino e dico c’era perché ora non c’è più e, sempre nel 2012 con Amleto². Nel 2013 è stato in tour con il progetto teatrale Il Don GiovanniVivere è un abuso, mai un diritto. Al cinema è stato, tra gli altri, nei seguenti film: In memoria di me di Saverio Costanzo, I demoni di San Pietroburgo di Giuliano Montaldo, Come dio comanda di Gabriele Salvatores, Vincere di Marco Bellocchio, La Doppia Ora di Giuseppe Capotondi, Vallanzasca di Michele Placido, Ruggine di Daniele Gaglianone.

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