Ballare: l’unico modo per muoversi nello spazio

Quando si apre il sipario, i ballerini della MM Contemporary Dance Company stanno saltando su una nuvola.
I loro corpi fluttuano e si avvolgono tra loro e su se stessi senza interrompersi, come se ballare fosse l’unico modo che hanno per muoversi nello spazio.
Linee precise e di spiccata tecnica di base, vengono sciolte e rimescolate, scordinate nella loro precisione originale ma mantenendo la pulizia del classico. Corpi magri e leggeri vengono sollevati e appesi a un filo d’aria per qualche istante, per poi ricadere con morbidezza al suolo.
Da qui il cammino prosegue e quella che sembrava una nuvola diventa una lanterna che pende dall’alto, corteggiata da uno dei ballerini,che si muove attorno, si lascia sedurre e spingere a terra.
I movimenti sono continui e fluidi; i ragazzi non danzano per noi.  Noi, spettatori, non ci siamo, loro non ci vedono. Stanno sul palco di un altro universo e si parlano senza includerci. E allora tutto quello che possiamo fare è origliare, metterci in ascolto senza poter intervenire, e quello che si dicono è molto più interessante di quello che potremmo dire noi. Loro si osservano, si percepiscono, si toccano, si alternano e lasciano che parli prima uno, poi gli altri.
Nei passaggi di gruppo c’è sempre qualcuno che replica un movimento diverso, che si sposta in un’altra direzione, che ha qualcosa di diverso da aggiungere, ha qualcosa da obiettare su ciò che dicono gli altri.
È la musica straordinaria di Franz Schubert che ispira i loro discorsi, e la coreografia di Enrico Morelli dà loro voce, senza curarsi di raccontare una storia, o descrivere, li fa parlare e basta.

Quando si apre il sipario per la seconda volta, siamo nella New York degli anni ’40 e la danza contemporanea si mescola al modern jazz con una arrendevolezza emozionante: ora i ballerini saltano, ora lanciano le gambe, ora ridono e chiacchierano. Sono versatili, e la versatilità è la chiave per una mente che danza.
Poi questo cabaret chiude i battenti, e ciò che rimane è una placida scena di inservienti che ripuliscono da terra coriandoli e una ragazza che si abbandona alla realtà che, quando si concludono questi brevi attimi di spensieratezza e futile vivacità, quello che resta è solo un palco da ripulire.
Vengono tradotti così in danza altri quadri di Edward Hopper, quali Summer in the City e People in the sun. Quindi vediamo giovani donne che cercano nella seduzione un riscatto e giovani uomini che non se ne curano e si abbandonano a un caldo torrido o cercano sollievo in una brezza temporanea.
Infine tutto torna alla normalità, tutto riprende il suo corso e si ritorna al palco cosparso di coriandoli, ai sorrisi e a quella piacevole serata di cabaret.
Se pur di più difficile comprensione rispetto alla prima parte, è notevole lo spessore dato da Michele Merola all’interpretazione di queste scene che spiccano per brillantezza e vivacità dell’azione, dinamismo e grande espressività, che hanno reso il pezzo unico e di difficile imitazione.

Paola Montanari

spettacolo Schubert Frames/Gershwin Suite – sabato 24 febbraio 2018, Teatro Asioli